ISOLE SVALBARD: fredde, selvagge e meravigliose
testo e foto di Giuseppe Ghedina
Dalla gelida e colorata Longyearbyen alla cupa e misteriosa Barentsburg.
Dal nero del carbone alle bianche distese dei ghiacciai.
Un'intensa settimana sugli sci vissuta come un lungo einterminabile giorno sotto il sole di mezzanotte.
Sci, scarponi e salvagente! Avvolti da una leggero velo di nebbia raggiungiamo la riva del fiordo a bordo delle scialuppe. La “Polar Girl” - un ex peschereccio adibito a Campo Base per escursioni nel grande nord - è ancorata a un centinaio di metri. Tornerà a ripescarci tra una settimana in un fiordo a qualche chilometro di distanza. Ci troviamo in una stretta fascia ghiaiosa che fa da confine tra due immense distese: dietro di noi il Mare Glaciale Artico, davanti a noi infiniti ghiacciai solcati da ripidi e immacolati pendii.
Partiamo con fatica: le pelli di foca sotto gli sci devono contrastare il peso della “pulka”, alle nostre spalle infatti incombe un slitta di circa 30Kg con tutto il necessario per trascorrere sei giorni in autosufficienza. Nonostante questa ingombrante ma indispensabile zavorra la sensazione è quella di completa libertà: siamo liberi di scegliere la cresta da risalire, siamo liberi di scegliere quale pendio sciare e siamo liberi di farlo a qualsiasi ora del giorno, siamo liberi di fermarci nel bel mezzo di un ghiacciaio, preparare la moka e sorseggiare una buona tazza di caffè, senza fretta. Siamo liberi, o quasi... In queste isole che contano più orsi polari (3.000) che abitanti (2.500), è obbligatorio girare armati al di fuori dei centri abitati. Nel nostro gruppo di 25 liberi sciatori questo compito di sorveglianza armata spetta alle due Guide locali.
Il viaggio, quello turistico, inizia a Longyearbyen.
Sede amministrativa delle Svalbard, è un piccolo paese di 2.000 abitanti che gode dei servizi di una grande città grazie al recente sviluppo turistico, in passato fu base internazionale per la caccia alle balene e punto di partenza per le esplorazioni artiche. Da qui proseguiamo per Barentsburg, una città fantasma, decadente centro minerario russo abitato da 500 persone. Le due città distano solo 55Km ma non esistono collegamenti se non via mare.
Il viaggio, quello vero, inizia sugli sci.
La maggior parte del territorio delle Svalbard è ricoperto da ghiacciai, molti dei quali di tipo alpino, da cui si elevano vette che raggiungo i 1.700 metri, è facile intuire che trovandoci sul livello del mare, queste vette appaiono come maestose cime, un paradiso per lo scialpinismo. Ma a queste latitudini, 78 gradi nord, è sicuramente la luce a giocare un ruolo fondamentale: a fine maggio la lunga notte polare è ormai finita, si passa lentamente dal tramonto all’alba sfuggendo all’oscurità della notte. Il sole indugia sull’orizzonte e sottili velature del cielo creano un atmosfera senza tempo. Le costanti condizioni di illuminazione e del manto nevoso (dovute alla minima escursione termica tra “notte” e giorno), ci permettono una grande autonomia negli spostamenti. I limiti sono dettati solo dalle condizioni metereologiche. L’unica preoccupazione giornaliera è quella di trovare uno buon posto dove accamparci, un luogo che ci permetta di avere una buona visibilità per l’eventuale avvistamento degli orsi.
La sensazione è proprio quella di vivere un lungo einterminabile giorno in un luogo irreale, senza tempo. Qui l’orologio diventa un accessorio superfluo: incantati dal sole di mezzanotte, ci siamo ritrovati spesso a “notte fonda” sulla cresta di una montagna, sotto di noi, a centinai di metri, le nostre tende sono solo dei piccoli puntini in un mare di ghiaccio. Discese e risalite si susseguo intervallate da qualche buon pasto gustato nel tepore delle nostre tende. Siamo circondati dal bianco, ma ciò nonostante i riflessi sulla superfice dell’oceano, le velature del cielo e i continui giochi tra luce e ombra dipingono un paesaggio ricco di mille sfumature. La lunga giornata volge al termine: dopo una leggera nevicata il sole si fa strada tra le nuvole aprendo il sipario sull’ultimo spettacolo di questa avventura. Dall’interno del ghiacciaio ci spostiamo verso la costa dove come per miraggio, riappare la “Polar Girl”, saliamo a bordo un po’ malinconici, è ormai tempo di rientrare.